DECRETO SOSTEGNI – “Aiuti in percentuale minima per le imprese (al più il 5% di quanto hanno perso). Migliorato il metodo ma gli 11 miliardi non bastano”
AttualitàDopo l’analisi tecnica del testo, bollinato dalla Ragioneria Generale dello Stato, del Decreto legge Sostegni, approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta di venerdì 19 marzo 2021, e presentato in conferenza stampa dal Presidente del Consiglio Mario Draghi, per entrare in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, Confartigianato conferma la propria posizione critica.
“Purtroppo i timori espressi giorni fa in merito alla scarsa portata dei sostegni a fondo perduto destinati alle imprese, si stanno concretizzando in amare realtà. Attendiamo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ma siamo costretti a confermare il timore già espresso: gli aiuti che le imprese riceveranno rasentano il nulla. Gli 11 miliardi stanziati non bastano. Servono ulteriori risorse. Si doveva investire più su chi dà lavoro (le imprese) che su redditi di cittadinanza e di emergenza, oltre a dirottare su questo capitolo di spesa, ad esempio, i quasi 5 miliardi di fondi impegnati per il cashback”. Questo il commento di Roberto Boschetto, Presidente di Confartigianato Imprese Veneto, che prosegue: “Bene che sia stata accettata la nostra richiesta di abbandonare il dedalo dei codici ATECO per individuare i destinatari dei ristori. Così come l’esigenza di avere criteri semplici e realistici per calcolarne l’importo. Apprezzabile è anche il tentativo di privilegiare i soggetti con ricavi annui minori, in particolare al di sotto dei 400.000 euro, non dimenticando però che solitamente questi numeri sono quelli di attività individuali e di società a conduzione familiare che fanno del loro lavoro l’unica fonte di guadagno”.
Guardando al meccanismo previsto dall’emanando decreto, se il calo di fatturato e/o corrispettivi medi mensili del 2020 rispetto al 2019 è di almeno il 30%, allora l’impresa avrà diritto al contributo. Poi, l’importo spettante dovrà essere determinato applicando al calo di fatturato medio mensile tra 2019 e 2020, una percentuale che varia a seconda del volume complessivo di ricavi del 2019. Per ricavi conseguiti nel 2019 al di sotto dei 100.000 euro, la percentuale da applicare sarà del 60%; per ricavi 2019 al di sopra dei 100.000 euro e fino ai 400.000 euro, sarà del 50%. Per ricavi 2019 superiori a 400.000 euro ma inferiori al milione di euro, la percentuale sarà del 40% e così via fino al tetto massimo di 10 milioni di euro di ricavi 2019. Per i potenziali beneficiari, comunque, la cifra a sostegno non potrà essere inferiore a 1000 euro per i soggetti che svolgono l’attività in forma individuale ed a 2.000 euro per i restanti. Dalle nostre simulazioni eseguite, emerge come la percentuale massima di ristoro a cui si possa ambire è pari circa al 5% del reale calo di fatturato subito tra l’anno 2019 e l’anno 2020.
Ad esempio
Per una snc con due fratelli soci lavoranti ed un dipendente, che ha totalizzato un volume di ricavi di 300.000 euro nel 2019 contro i 160.000 euro realizzati nel 2020 e che, quindi, a seguito delle chiusure imposte dal Governo ha visto azzerarsi i propri ricavi tra marzo e maggio 2020, con una ripresa durante i mesi estivi ed autunnali e un successivo calo tra i mesi di novembre e dicembre 2020, sempre dovuto alle ennesime chiusure forzate, il contributo a cui avrà diritto sarà pari a 5.833 euro. Rispetto ad un calo secco di fatturato tra 2019 e 2020 di oltre il 46% e pari a circa 140.000 euro. Un artigiano in regime forfetario che fino al 2019 aveva un fatturato annuo di circa 40.000 euro e che nel 2020 lo ha visto calare ad appena 16.000 euro, ha dunque subito un taglio di ricavi per oltre il 60% e riceverà appena 1.200 euro di ristoro.
Non va certamente meglio per un’impresa contoterzista del settore moda che ha fatturato oltre 1 milione e 350 mila euro circa nel 2019 e che, invece, nel 2020 ne ha fatturati appena 750.000. Potrà pretendere circa 15.000 euro di contributo, pari al 2,5% dei 600.000 euro di reale riduzione dei ricavi che ha subito.
“Ci auguriamo – aggiunge Roberto Iraci Sareri, Presidente di Confartigianato Imprese Verona – che almeno i tempi di erogazione siano veramente rapidi come promesso e che le modalità operative con cui richiedere il sostegno siano chiare e messe a disposizione dall’Agenzia Entrate già dai prossimi giorni. Pensare agli investimenti di lungo periodo nella green economy, nella PA digitale e in tutti i fronti a cui il recovery plan sembra essere destinato, è sicuramente di importanza fondamentale, ma l’appello è di ripensare al presente e all’immediato futuro perché in questo, per migliaia di imprese, non v’è certezza di esistere ancora. Ci preoccupano, ad esempio, la non previsione di ulteriore moratoria dei mutui dal 30 giugno al 31 dicembre, quando l’Unione Europea ha già dato la possibilità, e la mancata estensione della garanzia di stato alle attuali condizioni. E, nel capitolo di stralcio cartelle fino a 5.000 euro con tetto 30.000 € di reddito, riteniamo il tetto estremamente basso; un’occasione persa la non previsione dello stralcio (ossia rottamazione) delle sanzioni e degli interessi per chi decide di rateare il debito pregresso e la non previsione di tempi di rateazione più lunghi per debiti pregressi. Male infine che ci sia fermati ai debiti fino al 2010”.
“Sicuramente apprezzabili – conclude il Presidente regionale Boschetto – le ulteriori 28 settimane di cassa integrazione e la sospensione dei termini di versamento di cartelle esattoriali ed avvisi esecutivi fino al 30 aprile prossimo. Tra i provvedimenti contenuti nel Decreto Sostegni vi è anche il condono degli atti affidati all’Agente della Riscossione dal 2000 al 2010, con tetto di 5.000 euro ciascuno, a favore dei soggetti con reddito imponibile del 2019 non superiore a 30.000 euro. Fatte salve le considerazioni circa la dubbia correttezza della decisione del Governo in termini di giustizia sociale, bisogna anche riconoscere che lo Stato, solo a giugno 2020, aveva un “magazzino ruoli” assegnato all’ente per la riscossione per imposte e contributi non riscossi pari a oltre 987 miliardi di euro; qualcosa come una trentina di manovre di bilancio annuali insomma. Di cui, circa 405 miliardi già definiti come “difficilmente” recuperabili. Volendo essere realisti, si tratta, in sostanza, di una attività di “repulisti” che l’Amministrazione Finanziaria intende eseguire sui propri crediti considerati evidentemente inesigibili e per i quali è già consapevole di non riuscire mai più a riscuotere nulla”.