GREEN PASS – Il Viminale chiarisce: titolari e delegati dell’esercizio pubblico non obbligati a chiedere il documento d’identità. Scarica la nuova delega
AlimentazioneAttualitàLa circolare del prefetto Bruno Frattasi, capo di gabinetto del Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, è stata inviata ai prefetti al fine di fare chiarezza sui controlli del cosiddetto “green pass”, ma in particolare dei documenti d’identità, da effettuare nei locali pubblici. In definitiva, titolari e addetti delegati alla verifica non sono “obbligati” a controllare la corrispondenza delle generalità tra certificazione verde e documento dell’avventore, se non in particolari casi.
Una richiesta avanzata anche da Confartigianato, che, per alleggerire le operazioni di verifica a carico delle imprese artigiane, come pasticcerie, gelaterie, pizzerie al taglio e altre, aveva avanzato alle Commissioni Affari sociali e Attività produttive della Camera una proposta di emendamento volto a chiarire che le imprese non sono responsabili della verifica dell’identità delle persone che accedono alle attività e ai servizi per cui è obbligatorio esibire il green pass, in quanto tale verifica spetta esclusivamente alla pubblica autorità.
Nessun obbligo
Dunque, il titolare di un esercizio pubblico non è obbligato a richiedere anche il documento di identità al cliente che esibisce il certificato verde per accomodarsi al tavolo all’interno: il Dpcm del 17 giugno 2021, infatti, all’articolo 13 stabilisce che la verifica delle certificazioni verdi spetta, tra gli altri, ai “soggetti titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi per l’accesso ai quali è obbligatorio il possesso di certificazione verde Covid-19, nonché i loro delegati” (scarica la delega aggiornata). La verifica avviene con la lettura del codice a barre bidimensionale (il QR-code) attraverso l’apposita app VerificaC19, ma nel Dpcm si aggiunge che “a richiesta dei verificatori” il possessore del green pass deve dimostrare la propria identità con un documento. Il Garante della privacy ha confermato tale interpretazione, affermando che “è consentito il trattamento dei dati personali” con la richiesta da parte dei ristoratori di esibire un documento per verificare l’identità del possessore della certificazione, anche se nel Dpcm non è stabilito l’obbligo di chiedere il documento.
La circolare fa chiarezza
La circolare del 10 agosto 2021 sottolinea che il possesso del certificato verde dev’essere verificato dai vari soggetti indicati nel Dpcm, quindi anche dagli esercenti. La verifica attraverso il documento di identità, invece, “non ricorre indefettibilmente” (ossia in maniera obbligatoria) come dimostra la frase “a richiesta dei verificatori”. Dunque la richiesta di un documento di identità “ha natura discrezionale ed è rivolta a garantire il legittimo possesso della certificazione”.
Sarà comunque necessaria “nei casi di abuso o elusione delle norme come, ad esempio, quando appaia manifesta l’incongruenza con i dati anagrafici contenuti nella certificazione”. In tale caso, l’avventore è tenuto a mostrare il documento anche se chi glielo chiede non è un pubblico ufficiale. L’eventuale sanzione sarà a carico del solo cliente anche se resta valida la norma per la quale i gestori dei locali saranno multati o rischiano la chiusura per diversi giorni nel caso di omesso controllo.
ALLEGATI