FILIERE – Da Confartigianato Veneto, analisi filiere Metalmeccanica, Moda, Sport System, tra cambiamenti di modelli produttivi e nuovi bisogni
AttualitàMetalmeccanica di ProduzioneModa“In questa fase di forte vivacità economica e di importanti cambiamenti nelle dinamiche delle catene del valore, dopo gli shock pandemico ed energetico, riteniamo strategico disporre di una mappatura delle filiere produttive dei sistemi economici territoriali. Disporre di uno strumento di comprensione delle caratteristiche e delle dinamiche del tessuto produttivo è un importante supporto conoscitivo per la formulazione di politiche efficaci di stimolo allo sviluppo e per definire set di servizi innovativi, personalizzati e coerenti con le esigenze del tessuto imprenditoriale. Non potevamo che partire dal ‘cuore’ della nostra manifattura: Meccanica, Moda e Sport System e per farlo abbiamo scelto un partner di valenza nazionale, il centro studi Nomisma, che ha adottato un approccio in tre steps: 9 interviste qualitative ad altrettante imprese ‘Champions’, una indagine campionaria su 150 imprese delle filiere ed un lavoro di elaborazione data base”. Ad affermarlo è Roberto Boschetto, Presidente di Confartigianato Imprese Veneto, nel corso della conferenza stampa di presentazione del lavoro di studio.
Nel complesso, le imprese delle 3 filiere, in Veneto, rappresentano quasi il 22% di tutte le imprese artigiane: 26.749 imprese e 98.127 addetti. Oltre la metà delle imprese artigiane si concentra nella trasformazione: vi appartiene il 51,1% delle imprese della meccanica, il 61,9% della moda, il 52,6% dello sport system. Una loro caratteristica è quella di essere mediamente più grandi delle imprese artigiane italiane, in particolare nella trasformazione e nella lavorazione di materie prime.
“Dal mix di rilevazioni – spiega Lucio Poma, capo Economista Nomisma – ricaviamo una fotografia di un territorio in grande trasformazione con prospettive future positive ma che, per essere colte, hanno bisogno di nuove ed adeguate figure professionali e di nuove imprese. In un contesto internazionale non facile, queste tre filiere non solo hanno tenuto ma hanno fatto meglio del previsto anche con costi esagerati per energia e materie prime. Una forza che va indirizzata ed incanalata. Ed è su questo che si gioca la partita delle associazioni come Confartigianato Imprese Veneto che devono cimentarsi su “vision” e politiche industriali. Ma per farlo si deve dare connotazione alle trasformazioni in atto nel territorio, leggere i cambiamenti e darne lettura per primi. Così si vince la sfida del mercato”.
“Dalle lunghe interviste fatte ai manager delle imprese ‘Champions’ ad esempio – prosegue – emergono tre drivers su cui puntare: un maggior controllo delle filiere e delle catene di approvvigionamento (valore del made in Italy), necessità di aggregazioni e puntare sempre di più su legalità e sostenibilità. Emergono anche tre cambiamenti in atto. Il primo riguarda le carenze strutturali delle filiere analizzate che scontano un dimensionamento aziendale ancora toppo piccolo che ostacola l’innovazione, la sostenibilità e gli investimenti; la carenza di lavoratori e di una loro formazione adeguata alle esigenze ed il numero non sufficiente di imprese che si riducono anche per la mancanza di ricambio generazionale. Il secondo riguarda la sempre più elevata specializzazione che viene richiesta tra i componenti la catena del valore. E’ finito il tempo delle delocalizzazioni alla ricerca del costo più basso, ma i partner locali devono essere pronti alle sfide ESG, ad esempio. Terzo cambiamento, la relazione con il territorio, che viene oggi valorizzato dal legame di catena corta dovuta alle altissime qualità e velocità che vengono garantite dalle imprese locali. Una filiera così concentrata ed in espansione che porta alla esigenza di mappare le competenze presenti per capire quanta disponibilità produttiva ci sia da coinvolgere. Viene lamentata una scarsa conoscenza della filiera potenziale che va colmata”.
“Territorio come ambito ristretto ma di gran valore quindi – conclude Poma -, ma che non si limita, necessariamente, ai confini della regione. Ci sono aspetti, come ad esempio l’innovazione e la necessaria collaborazione con altre imprese e università, che per essere affrontati correttamente necessitano di una triangolazione almeno tra le tre regioni del ‘PIL’: Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Confartigianato può in questo ruolo tessere importanti relazioni e alleanze progettuali”.
L’istantanea del “super-fornitore”
Dalla survey su 150 imprese artigiane delle tre filiere, emerge una istantanea interessante dell’impresa super fornitrice: si interfaccia direttamente con oltre 15 imprese clienti (un panel notevolmente aumentato), che si collocano tra regione (50%) e Italia (41%). Apprezzati per la qualità di prodotti/servizi e il grado di specializzazione (che negli ultimi 5 anni sono stati migliorati in risposta alla domanda divenuta più esigente ed evoluta). Investono anche su stimolo delle imprese Champions di filiera. Gli investimenti delle imprese capo-filiera in termini di digitalizzazione e di automazione generano un’inevitabile spinta ad adeguarsi: il 57% afferma infatti di aver effettuato investimenti in innovazione e digitalizzazione, in particolare nell’acquisizione di macchinari, attrezzature e impianti (78%) e nella formazione del personale (67%). Stessa influenza anche nel campo della sostenibilità. Il 39% delle imprese dichiara di aver effettuato investimenti finalizzati alla sostenibilità negli ultimi 5 anni: tra queste, il 91% si è organizzato per la raccolta differenziata ed il riciclo dei rifiuti, il 65% per l’installazione di macchinari efficienti/che riducano il consumo energetico o per il contenimento dei consumi di acqua. Il 23% delle imprese ha ottenuto 2 o più tipologie di certificazioni, dotandosi in prevalenza di certificazioni di prodotto (che ne attestano la conformità a determinate specifiche tecniche), e del personale (che ne attestano i requisiti per operare con competenza in un determinato settore tecnico o organizzativo). Ha una buona/ottima solidità economica anche se, all’aumento del fatturato non è corrisposto un pari incremento della marginalità, principalmente a causa dell’aumento dei costi energetici e delle materie prime.
“Da questa prima indagine – conclude Boschetto – portiamo a casa una fitta agenda di cose da fare. Alcune pratiche come promuovere occasioni di incontro e scambio continuativo tra gli imprenditori del territorio e continuare sulla strada della mappatura delle competenze delle imprese (come già fatto per l’occhialeria e una parte della moda); puntare fortemente sulla formazione per colmare il gap di figure specializzate, sia con riferimento alla manodopera professionale, onde evitare la perdita di competenze, sia alle figure dirigenziali che scontano una carenza di strumenti per relazionarsi con le imprese clienti. Intensificare la nostra assistenza per le relazioni internazionali. Ma anche di agenda politica. Dovremo promuovere una campagna di sensibilizzazione e condivisione dei problemi che affliggono le filiere, in modo da sollecitare un dibattito finalizzato ad individuare soluzioni condivise da tutti gli attori principali delle stesse e dare impulso a un’operazione culturale per rimuovere l’immagine negativa che il lavoro in azienda ancora porta con sé, evidenziando le opportunità in termini di stabilità lavorativa ed economica, oltre che di appagamento professionale”.
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