BREXIT – Burocrazia e incertezze, le paure di chi esporta verso il Regno Unito. Bissoli: “Timori per chiusura mercati e ripristino dazi e tariffe”
SERVIZI IMPRESEBrexit o non Brexit? A pochi giorni dalla possibile uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, questo è il problema per le imprese venete che vendono prodotti oltremanica e che, nel corso del 2018, hanno piazzato sul suolo inglese oltre 3,5 miliardi di euro di merci manifatturiere, quota cresciuta, tra il 2017 e il 2018, dell’1,6%, molto al di sotto del 3,7% registrato verso il mercato europeo nel suo complesso.
“In queste ore il caos rischia di farsi ancor più inestricabile – commenta Agostino Bonomo Presidente di Confartigianato Imprese Veneto –, con l’Ue pronta a concedere tempo fino ‘all’ultim’ora’ del 29 marzo, ma impotente dinanzi al groviglio politico e istituzionale venutosi a creare. Un ginepraio da cui, a questo punto, potrebbe saltar fuori la richiesta di un rinvio lungo dell’uscita, ma anche una crisi di governo, un referendum bis, la revoca dell’articolo 50 o chissà cos’altro, senza poter escludere, addirittura, la temuta ombra incombente di un ‘no deal’, ossia dell’uscita senza alcuna intesa commerciale. Incertezze che preoccupano chi esporta verso il Regno Unito. Ci auguriamo che si arrivi a una soluzione che non danneggi le aziende che in quella Nazione hanno trovato un mercato importante e florido”.
I dati elaborati dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Veneto sull’export delle MPI nel Regno Unito relativi al 2018, su fonte Istat, dicono che le esportazioni manifatturiere della provincia di Verona nel 2018 sono arrivate a 693 milioni di euro, con una crescita dello 0,8% rispetto al 2017. Le divisioni aziendali ad alta concentrazione di micro e piccole imprese scaligere hanno messo segno esportazioni per 220 milioni, che rappresentano il 31,8% del totale manifatturiero provinciale, con un incremento del 9,8% sull’anno precedente.
La dinamica per comparto vede in testa, tra i prodotti made in Verona esportati nel Regno Unito nel 2018, l’Abbigliamento, con un 37,4% in più rispetto al 2017, il Tessile (+24,1%), i Mobili (+26,7%) e le produzioni in pelle (+21,2%). Calano, invece, del 4% le produzioni alimentari.
“Il timore più grande espresso dagli imprenditori è quello di essere costretti a tornare indietro di decenni – aggiunge Andrea Bissoli, Presidente di Confartigianato Verona – passando da una situazione di libera circolazione di merci e lavoratori ad una frattura profonda, fatta di chiusura dei mercati e ripristino di dazi e tariffe, sia da una parte sia dall’altra. Secondo le segnalazioni che Confartigianato ha raccolto presso gli imprenditori, le principali preoccupazioni sono due: l’eventuale applicazione di Iva e dazi, che comporterebbero un maggiore costo finale per l’acquirente inglese, e soprattutto il fiorire di norme, leggi, direttive, regolamenti e circolari esplicative che andrebbero a ingrossare il carico burocratico che già grava sulle attività produttive italiane. L’incertezza non favorisce le aziende e le ‘non decisioni’ danneggiano le attività imprenditoriali. Come Associazione imprenditoriale vogliamo credere che l’Italia e l’Europa siano in grado di trovare le modalità necessarie per gestire e minimizzare le ricadute di quanto si potrebbe verificare”.
L’invito che il Presidente Bissoli rivolge alle imprese scaligere e che Bonomo indirizza a tutti gli imprenditori veneti è quello di “tenersi pronti – affermano –, essere, in ogni caso, preparati al fatto che il Regno Unito possa diventare, a tutti gli effetti, un Paese terzo”.
Alla luce di questa totale incertezza, anche l’Italia si prepara a uno scenario tutt’altro che indolore. La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha, infatti, predisposto un documento che fornisce informazioni sul quadro generale di preparazione al recesso, senza accordo, del Regno Unito dall’UE, fornendo le prime indicazioni utili. L’obiettivo principale è garantire, anche con misure legislative, la tutela dei diritti dei cittadini italiani che vivono nel Regno Unito e dei cittadini britannici che vivono in Italia, la tutela della stabilità finanziaria e della continuità operativa dei mercati e dei settori bancario, finanziario e assicurativo (sia localizzati in Italia, sia nel Regno Unito), anche al fine di evitare rischi di liquidità e di garantire certezza delle transazioni e la promozione di un’adeguata preparazione delle imprese nella gestione di emergenze relative ad alcuni settori come, ad esempio, trasporti, dogane, sanità, agricoltura, ricerca, istruzione.
I punti salienti del vademecum in assenza di un accordo
Responsabilità della catena di approvvigionamento.
Il diritto dell’UE attribuisce alle imprese responsabilità diverse a seconda della posizione che occupano nella catena di approvvigionamento (fabbricanti, importatori, distributori all’ingrosso, ecc.). Ad esempio, se dopo la Brexit le imprese dell’UE che acquistano merci dal Regno Unito saranno considerate importatrici ai fini della normativa dell’Unione in materia di prodotti, il diritto dell’UE imporrà loro una nuova serie di obblighi giuridici. Chi riceve prodotti dal Regno Unito, dovrebbe valutare fin da ora le sue responsabilità ai sensi del diritto dell’UE.
Certificati, licenze e autorizzazioni
Se l’attività dipende da certificati, licenze o autorizzazioni rilasciati dalle autorità del Regno Unito o da organi con sede nel Regno Unito – o detenuti da una persona stabilita nel Regno Unito – questi potrebbero non essere più validi nell’UE dopo la Brexit. Potrebbe essere necessario trasferirli o richiederne di nuovi a un organo o a un’autorità dell’UE a 27. Ciò vale in particolare per i certificati, le licenze e le autorizzazioni emessi per merci (ad esempio nel settore automobilistico o dei dispositivi medici) e servizi (ad esempio nel settore finanziario, dei trasporti o delle trasmissioni radiotelevisive). Si dovrebbero adottare al più presto tutte le misure necessarie per trasferire all’UE a 27 i certificati, le licenze o le autorizzazioni emessi nel Regno Unito, o per ottenerne di nuovi.
Dogane, IVA e accise
In termini di dogane e imposte indirette, c’è una grande differenza fra trasferire merci all’interno dell’UE e da/verso un Paese terzo. Dopo la Brexit, commerciare con il Regno Unito diventerà più complesso dal punto di vista delle procedure doganali e dell’IVA. Chi intrattiene scambi commerciali con aziende del Regno Unito, dovrebbe familiarizzare con le procedure e le norme dell’UE che si applicheranno dopo la Brexit, soprattutto se l’esperienza nel commercio con Paesi terzi è limitata o inesistente.
Norme d’origine
Per le esportazioni di merci verso i Paesi terzi con cui l’UE ha concluso un accordo di libero scambio, gli esportatori possono beneficiare di tariffe preferenziali a condizione che i prodotti abbiano abbastanza “contenuto UE” secondo i parametri delle norme di origine. Dopo la Brexit, l’apporto del Regno Unito al prodotto finito non potrà più essere considerato contenuto UE. Ai fini del calcolo dell’origine preferenziale dell’UE delle merci che trattate, si dovrebbero quindi esaminare le catene di approvvigionamento e iniziare a considerare “non originario” l’apporto del Regno Unito.
Divieti e restrizioni per l’importazione/esportazione delle merci
Per tutelare la salute, la sicurezza e l’ambiente, le norme dell’UE limitano l’importazione da Paesi terzi e l’esportazione verso gli stessi di determinate merci, tra cui animali vivi e prodotti di origine animale, oltre a taluni vegetali e prodotti vegetali quali gli imballaggi in legno. L’importazione e l’esportazione di determinati prodotti richiedono autorizzazioni o notifiche specifiche, come nel caso dei materiali radioattivi, dei rifiuti e di alcune sostanze chimiche. Dopo la Brexit, le merci dirette a o provenienti dal Regno Unito saranno soggette a queste norme dell’UE. Si dovranno adottare le misure necessarie per garantire la conformità con i divieti e le restrizioni imposti dall’Unione in materia di importazioni ed esportazioni.