1 Agosto 2019

ECOBONUS – Lettera di Confartigianato Imprese Verona ai 18 parlamentari veronesi: “Norma da cambiare!”. E dal Veneto parte missiva a tutti gli onorevoli veneti

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“Il bonus ristrutturazioni ha sicuramente la finalità positiva di un investimento in favore dell’edilizia, ma così strutturato rischia di mettere fuori dal mercato artigiani e piccole imprese. Un provvedimento di questo tipo, per non ledere alcun soggetto coinvolto, dovrebbe prevedere l’obbligo di acquisizione da parte dello Stato del credito di imposta generato”. Questa la richiesta contenuta nella lettera che Confartigianato Imprese Verona, a firma del Presidente Andrea Bissoli, ha inviato ai 18 parlamentari veronesi per chiedere un loro intervento in merito all’articolo 10 del decreto legge n. 34 del 30 aprile 2019, il cosiddetto “Decreto Crescita”, che prevede la possibilità, per il committente dei lavori di riqualificazione energetica o antisismici, di scegliere, al posto della detrazione fiscale, che per questi interventi va dal 50% all’85%, uno sconto diretto in fattura da parte di chi ha realizzato i lavori. Sconto che l’impresa potrà farsi rimborsare dallo Stato tramite un corrispondente credito d’imposta da utilizzare esclusivamente in compensazione, in cinque anni. Inoltre, potrà, a sua volta, scegliere di cedere il credito così acquisito ai suoi fornitori di beni e servizi. Non potrà cederlo a istituti di credito e intermediari finanziari.

“Una battaglia che Confartigianato sta portando avanti da mesi – spiega Bissoli –, ottenendo l’appoggio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, il cui pronunciamento rileva che la norma in esame, nella sua attuale formulazione, appare suscettibile di creare restrizioni della concorrenza nell’offerta di servizi di riqualificazione energetica a danno delle piccole e medie imprese, favorendo i soli operatori economici di più grandi dimensioni. A nome delle circa 11.300 imprese artigiane della provincia di Verona operanti nelle categorie Edilizia e Impianti, che non possono fare da bancomat anticipando lo sconto, ci siamo rivolti direttamente ai nostri politici, eletti per rappresentare non solo tutti gli Italiani, ma in particolare i cittadini veneti e veronesi”.

L’iniziativa di rivolgersi ai parlamentari del territorio si è rafforzata in questi giorni con un’altra missiva che Confartigianato Imprese Veneto ha inviato ai 73, tra deputati e senatori, eletti in Veneto per sollecitare una loro azione bi-partisan sulla vicenda della disciplina dell’ ecobonus.

“Questa forte presa di posizione – afferma Agostino Bonomo, Presidente di Confartigianato Imprese Veneto – si basa sulla consapevolezza della profonda distorsione della concorrenza introdotta dalla norma a danno di 52 mila 600 imprese artigiane venete edili, dell’installazione di impianti e dei serramenti (in legno e in metallo) pari al 41% di tutto l’artigianato regionale”.

In Veneto, il mercato sostenuto dall’ ecobonus ammonta, nel 2018 da fonte ENEA, a 541 milioni di euro di investimenti (pari al 16,3% dei 3.331 milioni a livello nazionale) e 42mila interventi. Nell’ultimo quinquennio queste cifre diventano oltre 2 miliardi di investimenti e 215mila interventi. La distribuzione per tipologia rileva il 31,4% riferito ai serramenti, il 24% a pareti verticali, il 15,4% a pareti orizzontali, il 12,6% alle caldaie a condensazione, il 7,4% a pompe di calore, il 4% a schermature solari, l’1,1% al solare termico e lo 0,75% a Impianti a Biomassa.

“Gli effetti del provvedimento su di una impresa tipo di cinque addetti nel settore delle costruzioni – spiega il Presidente di Confartigianato Imprese Verona, citando un altro passo della lettera recapitata ai parlamentari scaligeri – li illustra uno studio della nostra Confederazione, secondo il quale, dopo il quarto anno di sconti ecobonus o sismabonus sulle fatture dei clienti, l’azienda finirebbe fuori dal mercato, mentre, dopo il quinto, vedrebbe ridursi del 37% il fatturato e diverrebbe incapiente”.

Secondo la stima di Confartigianato, infatti, nei primi 3 anni lo sconto praticato ai clienti rimane inferiore alle somme versate all’Erario – imposte su reddito, ritenute dei dipendenti, contributi, Irap e Iva – consentendone il completo recupero da parte dell’impresa, ma dal 4° anno questa condizione non si avvera più e l’impresa è costretta, per quell’anno, a rinunciare alla gran parte degli interventi incentivati, mentre dal 5° anno la rinuncia per incapienza è totale. Nell’arco dell’intero quinquennio è del 37% la riduzione del fatturato sul segmento interessato dalle detrazioni fiscali per riqualificazione energetica.

Se l’impresa è invece fortemente specializzata negli interventi per efficienza energetica, con un peso del 75% del fatturato, la situazione peggiora. Lo sconto, infatti, può essere recuperato solo nel primo biennio mentre già nel 3° anno si registra una incapienza di versamenti all’Erario per la quasi totalità dei lavori e nell’ultimo biennio sarà necessario rinunciare alla totalità dei lavori incentivati. Nell’arco del quinquennio l’impresa perderà oltre la metà (58%) degli interventi beneficiati da incentivi.

Le condizioni peggiorano ulteriormente nel caso in cui l’impresa non riesca a compensare i mancati ricavi sul mercato sostenuto dall’ ecobonus su altri segmenti di mercato (immobili non residenziali, nuove costruzioni, ecc.), in quanto la riduzione dei ricavi diminuisce gli oneri fiscali utilizzabili per la compensazione.

“Negli ultimi giorni – conclude Andrea Bissoli – Confartigianato ha incassato l’appoggio e dichiarazioni di buone intenzioni da parte delle forze politiche, comprese quelle che formano l’attuale maggioranza di Governo, ma intanto la misura che contestiamo rimane legge e l’artigianato e la piccola impresa continuano a subire condizioni di mercato e di legislazione che condizionano quotidianità e crescita della fascia di imprese che, nonostante ciò, continua a rappresentare il 93,5% (fino a 10 addetti con il 42,5% dell’occupazione) che diventa 99% (fino a 50 addetti con 66,3% dell’occupazione) dell’intero tessuto imprenditoriale italiano”.