20 Aprile 2020

CORONAVIRUS – “Decreti ‘aiutano’ le imprese chiuse, non quelle aperte… ma ferme”. Preoccupazione per Fotografi e produzioni video

Comunicazione e servizi innovativi

I decreti del governo per aiutare le imprese, in questo difficile momento di emergenza sanitaria, potrebbero per molte imprese diventare fonte di diseguaglianze e iniquità. Il caso esemplare riguarda il settore della fotografia professionale, una delle diverse attività che, secondo i decreti usciti nel corso delle ultime settimane, risultano fra quelle non obbligate alla sospensione. Come conseguenza, tale categoria non rientra fra quelle che possono beneficiare, ad esempio, del credito d’imposta sugli affitti, ritrovandosi doppiamente penalizzate.

Da un lato potrebbero tenere i negozi aperti, dall’altro, giustamente, in base alle misure di contenimento del coronavirus, gli eventuali clienti non possono raggiungere e frequentare i loro negozi. A questo va aggiunto il fatto che le cerimonie, i matrimoni, gli eventi privati aziendali e non solo, le fiere e molte altre attività in cui i fotografi di solito lavorano, sono stati tutti rimandati o cancellati. Il risultato è che sebbene “aperte” queste imprese di fatto si ritrovano chiuse e a zero fatturato, solo con costi.

“Il governo – afferma il Presidente di Confartigianato Imprese Verona, Roberto Iraci Sareri  – deve tener conto di queste condizioni e, per evitare di penalizzare settori di impresa e creare confusione e trattamenti diversi fra categorie professionali diverse, nelle misure che adotta a sostegno dei redditi e per contrastare situazioni di sofferenza di liquidità, deve prevedere il coinvolgimento di tutte le attività, comunque penalizzate, senza creare imprese di serie A e di serie B. Il credito di imposta sugli affitti, ad esempio, è nella misura del 60% del canone di marzo e riservato per gli affitti degli immobili C/1. Confartigianato sta facendo i salti mortali per correggere la stortura”.

In provincia di Verona sono poco più di 1.000 le imprese della categoria Comunicazione, che comprende, tra gli altri, anche fotografi, produzioni video e videoperatori, per un totale di circa 2.000 addetti. Il caso specifico dei fotografi è un esempio: solo in Veneto ci sono 820 imprese artigiane e almeno altrettanti liberi professionisti che svolgono attività di fotografia e video. Vi sono anche altri settori in condizioni analoghe: le pulitintolavanderie, o i calzolai che, altro esempio, sono in affitto su immobili con classificazioni diverse da quelle previste dal decreto e quindi senza credito d’imposta. Solo queste tre categorie rappresentano un totale di oltre 2.000 imprese attive in Veneto.

“Sappiamo – prosegue Iraci Sareri – che non è facile fare norme che contemplino tutte le specificità dei casi, ma appunto per questo, chiediamo al governo di utilizzare il criterio di allargare le misure a tutte le imprese, non ragionare unicamente per sezioni o codici che creano differenziazioni inutili in questo periodo di difficoltà. E’ una questione di equità e di tenuta del sistema. Il calo del lavoro riguarda tanti settori fra quelli non direttamente contemplati nel decreto Cura Italia. Restando al mondo della fotografia e della comunicazione in genere – conclude il Presidente –, c’è un intero settore in sofferenza per il fatto che, direttamente o indirettamente, è legato al turismo, alle fiere, alla pubblicità, agli eventi. L’aspetto più grave è che, quando finirà questo periodo di lockdown, per molte delle nostre imprese sarà impossibile recuperare il lavoro perso e chiuderanno l’anno quasi certamente con un fatturato più che dimezzato. C’è qualcuno che se ne sta rendendo conto? Siamo molto preoccupati”.

Confartigianato sta chiedendo a gran voce alla politica di intervenire con misure importanti, veloci e senza discriminazioni. Il problema della liquidità per le imprese è la priorità ed è necessario delineare subito delle misure, anche progressive ma chiare, per consentire alle imprese di lavorare e impedire che le condizioni dovute a questa situazione diventino letali.