EXPORT – Manifattura veronese 1° trimestre 2020 a -5,8% (-3,3% in Veneto). Iraci Sareri: “Pmi attrezzate per nuova scalata, ma vanno sostenute”
AttualitàSERVIZI IMPRESEMancano 154,2 milioni di euro dalle esportazioni manifatturiere veronesi del 1° trimestre 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019: il 5,8% in meno, per un totale di 2.512,8 milioni rispetto ai 2.666,9 dello scorso anno. Una percentuale nettamente superiore a quella dell’intero Veneto, per il quale la caduta è stata del -3,3% (15.166,2 milioni nel 2020 rispetto ai 14.667,4 del 2019).
Un calo previsto, ma forse non nella sua gravità, anche nel confronto con il dato nazionale, che si ferma ad un -2%, secondo i dati elaborati da Confartigianato Imprese Veneto su dati Istat.
Anche guardando ai Paesi di destinazione si trovano molte conferme delle attese e qualche positiva sorpresa, come la tenuta della Germania (+0,7% rispetto allo stesso periodo del 2019) che è comunque il nostro più importante sbocco (vale il 18% del totale export manifatturiero provinciale con 466,9 milioni di euro) e la crescita dell’Austria (+10%) e dei Paesi Bassi (+12,1%). Calano invece Francia (-8,2%) e Francia (-5,2%), per quanto riguarda l’UE27 post Brexit. Nei paesi extra UE27 cala molto l’Inghilterra, con -18,3% dovuto anche alla uscita dal mercato comune, e gli Stati Uniti (-16,5%); con la Cina si registra un -6,9%, a causa della pandemia iniziata a gennaio, mentre colpisce il -28,7% dell’export con la Bosnia-Erzegovina.
A pagare le prime conseguenze del Covid-19, a livello veronese, sono in particolar modo la metalmeccanica (-27,4%); autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (-30%), altri mezzi di trasporto (-21%), gli articoli in pelle (-15,8%), i prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature (-11%), gli articoli in gomma e materie plastiche (-10,2%) e i macchinari e apparecchiature Nca (-9,4%).
Male la carta e i suoi prodotti (-7,1%), gli articoli di abbigliamento (-7%). Crescono i prodotti alimentai (+8,9%), i prodotti chimici (+8,6), i mobili (+6,4%) e le bevande (+4,4%), mentre esplodono le esportazioni di prodotti tessili (+12,1%), il legno e i suoi prodotti (+28,8%) e, ovviamente, i prodotti farmaceutici (+51%).
“Questi primi segnali di rallentamento – afferma Agostino Bonomo Presidente Confartigianato Imprese Veneto – colgono solo l’inizio degli effetti della pandemia che ha avuto il suo apice tra aprile e maggio. Il crollo si vedrà nei dati relativi al 2° trimestre 2020. L’economia segue però dei cicli quindi, dalla lettura del passato, potremmo cogliere alcuni spunti interessanti per progettare le sfide future. Nel caso dell’export veneto sembra appropriato analizzare velocemente quanto avvenuto nei 12 anni che dividono il crollo post Lehman Brothers da questo legato al Covid-19. Il 2008 si chiuse molto bene per la vendita delle merci manifatturiere venete nel Mondo, con oltre 48 miliardi e mezzo di valore che, nel 2009, crollò del -21,6% a poco più di 38 miliardi. Allora bastarono meno di due anni alle nostre imprese per recuperare quanto perduto e iniziare, dal 2011, una rincorsa che ci ha portato nel 2019 a toccare quota 62 miliardi e mezzo: +28,6% rispetto al 2008 e +64,1% rispetto al 2009”.
“Si può essere ottimisti sulle capacità di tenuta e ripresa del nostro export? Ce lo auguriamo vivamente – aggiunge Roberto Iraci Sareri, Presidente di Confartigianato Imprese Verona –. Il nostro sistema economico manifatturiero, fatto di medie e piccole imprese fortemente specializzate, potrebbe essere attrezzato per affrontare anche questa nuova scalata, ma va sostenuto adeguatamente, a partire dal miliardo e mezzo messo sul Patto per l’Export: un documento programmatico che indica una ambiziosa strategia per l’internazionalizzazione del nostro sistema produttivo e si articola in sei pilastri: comunicazione, promozione integrata, formazione/informazione, sistema fieristico, commercio digitale e finanza agevolata”.
Per Iraci Sareri, il Veneto, e in esso Verona, “sono centrali nell’export dell’Italia, a tal punto che dovrebbe essere considerato un tema strategico nazionale. L’Europa è il nostro principale partner, verso il quale esportiamo oltre 1 miliardo e mezzo di prodotti scaligeri, ma l’intero continente è stato coinvolto duramente dal lockdown e dunque l’impatto sarà generale”.
Cosa fare, quindi, per agevolare una seconda ripresa dopo quella del 2011? Per il Presidente provinciale, Iraci Sareri, “bisogna che le aziende di medie dimensioni – afferma – crescano affiancate dalle imprese piccole di filiera che concorrono allo sviluppo di prodotto, al presidio dei mercati, all’innovazione tecnologica ma anche organizzativa. Al loro fianco c’è sempre Confartigianato Imprese Verona, con un servizio apposito, lanciato lo scorso anno, per il supporto all’export rivolto ad aziende che vogliono migliorare il loro approccio o che non sono strutturate, da sole, per affrontare il mondo delle esportazioni. All’interno delle filiere va rafforzata l’esclusività: nel Made in Italy non si compete con logiche di ribasso ma investendo su qualità e sul potenziamento delle nostre vocazioni. Dovremo poi investire sui Paesi dove siamo poco presenti, recuperando i gap di presenza nei mercati asiatici e nel continente africano, che insieme, nel prossimo decennio, avranno quasi un miliardo di abitanti in più”.