In soli due anni, il numero dei sequestri per contraffazione è triplicato, in provincia di Verona e in Veneto. Nel comparto abbigliamento il dato è addirittura quintuplicato.

Un segnale d’allarme per il made in Italy, che attraversa una fase delicata e si trova a dover rafforzare la credibilità, la trasparenza e la legalità lungo tutta la filiera produttiva.

Il più recente episodio – il sequestro da parte della Guardia di Finanza di Gorizia di oltre 1.900 capi d’abbigliamento contraffatti, pronti per essere immessi sul mercato con marchi falsi – è solo l’ultimo di una lunga serie. Il Rapporto Iperico 2024 del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, rielaborato dall’Ufficio Studi di Confartigianato Veneto, fotografa infatti un aumento esponenziale dei sequestri nel tessile veneto, proprio mentre il settore registra un calo di addetti e un crescente ricorso alla cassa integrazione.

“A Palazzo Balbi – spiega Devis Zenari, Presidente di Confartigianato Imprese Verona – è attivo il tavolo di crisi della moda e, sempre a livello regionale, è stato presentato un protocollo per la legalità volto a contrastare le infiltrazioni illegali e a tutelare la filiera del valore”.

Nel dettaglio, a Verona, i sequestri di abbigliamento sono passati da 19 nel 2022 a 35 nel 2023, fino a raggiungere i 98 nel 2024. Pensare che nel 2012 furono 26.

Il totale complessivo di sequestri – non di pezzi sequestrati, ma di operazioni – per contraffazione di abbigliamento, accessori di abbigliamento, calzature e occhiali, in provincia, è arrivato a 276 nel 2024. mentre nel ’23 furono 103 e 61 nel 2022.

In Veneto i sequestri di abbigliamento sono stati 137 nel 2022, 216 nel 2023, 637 nel 2024. 34.000 il numero dei pezzi sequestrati solo nel settore abbigliamento nel 2024, per un valore stimato in 607mila euro. Stesso andamento per gli accessori, da 84 nel 2022 a 301 nel 2024, per un totale di 21.000 pezzi sequestrati e per l’occhialeria, dai 17 sequestri del 2022 agli 81 del 2024, 2000 pezzi in tutto. La calzatura non è da meno, con il numero di sequestri triplicato dal 2022 al 2024 (26 vs 76). Oltre 50.000 euro il valore della merce sequestrata.

“Un fenomeno in crescita costante – spiega Alessio Bardelle, Presidente di Confartigianato Moda Verona – che testimonia quanto la rete del falso sia ormai radicata anche nelle regioni simbolo della manifattura di qualità. Il Rapporto Iperico conferma ciò che purtroppo vediamo sul campo: il falso cresce più rapidamente del mercato legale”.

“Il falso – aggiunge Bardelle – cresce più rapidamente del mercato legale per le aziende del conto terzi, inoltre danneggia i piccoli brand indipendenti, falsificando il mercato della vendita e della produzione provocando danni enormi per l’intero comparto che Confartigianato rappresenta. Chi compra un prodotto falso, poi, tradisce l’intero sistema del Made in Italy, alimentando sfruttamento, illegalità e concorrenza sleale”.

Per Confartigianato, la risposta alla contraffazione non può essere solo repressiva, ma deve passare anche attraverso strumenti di trasparenza e tracciabilità delle filiere produttive, in grado di rendere riconoscibile e tutelato il vero valore artigiano.

“Confartigianato Moda – conclude il Presidente Confartigianato Moda Verona – accoglie con favore l’introduzione della Certificazione unica di conformità delle filiere della moda prevista in un emendamento del Ddl annuale Pmi approvato dal Senato, come strumento per promuovere legalità, trasparenza e tracciabilità”.

“È indispensabile – sottolinea Katia Pizzocaro, presidente della Federazione Moda di Confartigianato Imprese Veneto – che la certificazione non diventi un nuovo carico di burocrazia, ma un meccanismo capace di dare valore a chi lavora nel rispetto delle regole, garantendo tracciabilità e riconoscimento agli artigiani e alla piccole imprese che costituiscono il cuore pulsante della nostra manifattura. Solo garantendo tracciabilità completa, equa remunerazione e riconoscimento degli audit già in essere la certificazione potrà diventare un vero strumento di tutela contro il falso e di promozione del Made in Italy autentico e non solo. Le piccole medie imprese non sono anelli della filiera, sono pilatri della manifattura italiana, ecco perché la certificazione deve valorizzare l’intera filiera e non solo il marchio o il prodotto finale”.