LAVORO – A giugno introvabili 270mila lavoratori. Per Mpi danno da 13,2 miliardi. Il Presidente Granelli a Tgcom24 e Radio 24
AttualitàPaghe e PersonaleRelazioni sindacali - ContrattualeCresce il gap tra domanda ed offerta di lavoro, soprattutto se qualificato. Nel 2023 le imprese italiane indicavano difficoltà di reperimento per il 45,1% del personale necessario, pari a 2.484.690 posti rimasti scoperti. A giugno 2024 la quota di lavoratori introvabili è aumentata al 47,6%, pari a 270mila persone soltanto in questo mese.
Il problema è ancora più grave per le piccole imprese che nel 2023 non hanno trovato il 48,1% di manodopera richiesta, una quota che balza al 55,2% per le imprese artigiane.
A rilevarlo è Confartigianato in un rapporto presentato il 25 giugno a Roma, nel corso di un convegno con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Marina Calderone.
La ricerca di personale ha tempi medi di 3,3 mesi che possono superare un anno per trovare operai specializzati. Tutto questo per le piccole imprese ha un costo quantificato da Confartigianato in 13,2 miliardi di euro di minore valore aggiunto per le ricerche di manodopera che durano oltre 6 mesi.
L’allarme di Confartigianato è stato rilanciato dai media. In particolare l’argomento è stato approfondito dal Presidente Granelli con interviste a Tgcom24 e a Radio 24.
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A mancare sono soprattutto le competenze per affrontare la transizione digitale e la gestione dell’intelligenza artificiale. Nel 2023 le imprese cercavano 699mila lavoratori capaci di gestire tecnologie relative a intelligenza artificiale, big data analytics, internet of things e robot. Di questi, però, 381mila, pari al 54,5%, sono risultati di difficile reclutamento, di cui i due terzi (64,7%, pari a 246mila lavoratori) nelle micro e piccole imprese.
Secondo il rapporto di Confartigianato, per quanto riguarda la difficoltà a trovare personale esperto di intelligenza artificiale e tecnologie 4.0 nelle piccole imprese, la situazione peggiore si registra in Trentino Alto Adige dove è introvabile il 67,2% dei lavoratori con elevata richiesta di competenze digitali avanzate 4.0 necessari alle Pmi (9.330 su 13.890). Seguono a breve distanza il Friuli Venezia Giulia, dove manca il 65,2% di personale pronto ad affrontare l’IA (4.800 su 7.360) e l’Umbria con una quota del 63,8% (2.980 su 4.670). A soffrire la carenza di personale con e-skill sono anche il Veneto con 20.270 ‘introvabili’ su 34.590, pari al 58,6%, l’Emilia Romagna (17.910 su 30.810, pari al 58,1%) la Lombardia (46.930 su 81.020, pari al 57,9%) e il Piemonte e la Valle d’Aosta (16.720 su 28.910, pari al 57,8%).
“La carenza di personale qualificato – sottolinea il Presidente di Confartigianato Marco Granelli – è un’emergenza da affrontare subito, soprattutto con un’adeguata politica formativa. Si devono irrobustire le politiche del lavoro, armonizzandole con quelle dell’istruzione e con gli interventi contro la crisi demografica e la gestione dell’immigrazione, fattore non secondario a fronte di una quota di dipendenti stranieri che nelle imprese è pari al 14,8% e che sale al 17,1% nelle micro e piccole imprese”.
Per reagire alla carenza di personale, attrarre giovani talenti e trattenere i lavoratori con più elevate skills ed esperienza, il 66% dei piccoli imprenditori ha adottato una serie di strategie. In particolare, il 32,6% punta su aumenti salariali, il 28,5% su flessibilità degli orari di lavoro e il 24,9% sulla collaborazione con le scuole, soprattutto quelle ad indirizzo tecnico e professionale. Secondo Confartigianato, infatti, per il 72% dei lavoratori necessari alle piccole imprese è richiesto un titolo secondario tecnico o con qualifica o diploma professionale o una laurea in materie scientifiche, tecnologiche ed ingegneristiche (STEM).