STUDIO – Patrimonio edilizio industriale-artigianale inutilizzato in Veneto e a Verona: cresce lo stock, crescono le compravendite e, soprattutto, diminuiscono i capannoni inutilizzati
7 Luglio 2023

STUDIO – Patrimonio edilizio industriale-artigianale inutilizzato in Veneto e a Verona: cresce lo stock, crescono le compravendite e, soprattutto, diminuiscono i capannoni inutilizzati

Attualità

Cosa è successo al patrimonio edilizio industriale-artigianale veneto negli ultimi 6 anni, dal 2016 al 2022? Cresce lo stock, crescono le compravendite e, soprattutto, diminuiscono gli immobili produttivi inutilizzati.

Rispetto alle 10.600 unità immobiliari produttive inutilizzate in Veneto rilevate nel 2016 nella precedente ricerca di Confartigianato Imprese Veneto, nel 2022 se ne stimano 9.200, rilevando una contrazione del 13%, pari a circa 1.400 unità immobiliari recuperate e riutilizzate in termini assoluti. Ad oggi, ogni 10 unità produttive, ve ne è una dismessa. A livello di superfici vi sono 18,15 milioni di mq di dismesso, in diminuzione del 16% rispetto alla precedente rilevazione del 2016.

“E’ una buona notizia che in Veneto, ancora uno dei territori più ‘consumoni’ e spreconi di suolo in Italia, si siano recuperati circa 3 milioni e mezzo di metri cubi di capannoni dimessi – afferma Roberto Boschetto, Presidente di Confartigianato Imprese Veneto –. Un recupero sicuramente agevolato da una crescita del valore aggiunto del settore manifatturiero che, secondo i dati Istat, è cresciuto del 12,9% tra il 2016 e il 2021. Anche se le imprese, secondo i dati Unioncamere, diminuiscono in termini numerici, crescono in modo rilevante gli addetti, +6,8% nel settore industriale e +14,6% nel settore della logistica. Una congiuntura quindi che conferma un cambiamento nella dimensione d’impresa e nel volume della produzione, che porta con sé necessità diverse rispetto ad un tempo in termini di spazi, localizzazione ecc.”.

“Infatti, è stato riconvertito prevalentemente il patrimonio di più grandi dimensioni, di tipologia riconducibile soprattutto al tipico capannone produttivo localizzato in area produttiva propriamente detta e posto in ambito ad alta connessione stradale – spiega Roberto Iraci Sareri, Presidente di Confartigianato Imprese Verona e Vicepresidente regionale –. Il dismesso rilevato nel territorio, al di fuori dagli ambiti produttivi propriamente detti, in contesti rurali, in ambiti impropri o inseriti in ambiti urbani consolidati, risulta invece stabile e in alcuni casi in aumento. È evidente la difficoltà di riconvertire tali spazi, spesso di piccole-medie dimensioni, localizzati in ambiti a ridotta accessibilità e spesso inglobati alla residenza, che rappresentano il 41% del patrimonio produttivo inutilizzato ad oggi in Veneto in termini di unità immobiliari (circa 3.400 unità immobiliari produttive sulle 9.200 inutilizzate stimate) e il 30% in termini di superfici (5,3 milioni di mq)”.

Secondo i dati ISPRA e Arpav, la Regione Veneto si attesta ancora al 1° posto per superfici di edifici pro-capite con 147 metri quadrati ad abitante (a fronte di una media nazionale di 90 ad abitante) e al 2° posto per incidenza di suolo consumato pari all’11,9%, rispetto una media nazionale del 7,1%. Del nuovo suolo consumato irreversibile rilevato nel periodo 2020-2021 pari a 551 ettari, il 59% è da attribuire alla realizzazione di nuovi edifici industriali/produttivi e a spazi di pertinenza quali parcheggi e aree di movimentazioni mezzi. Particolarmente rilevante il peso del settore della logistica e dei trasporti nella produzione di nuovo suolo consumato: +50 ettari nell’ultimo anno disponibile (ma con una punta di 80 ettari nel 2018). Il comparto produttivo e quello logistico risultano i principali driver del consumo di suolo veneto.

Ma che consistenza ha, in termini di superfici e immobili, il comparto produttivo del Veneto? Sono oltre 37.000 le grandi superfici produttive/commerciali stimate su base dati Corine Land Cover, rilevando un peso del 17,2% sulla superficie consumata presente in regione, in costante crescita negli anni (+6,6% di superficie produttive/commerciali negli ultimi 6 anni). Dai dati dello stock catastale dell’Agenzia delle Entrate è possibile rilevare 97.130 unità immobiliari produttive, in crescita di 4.917 unità rispetto al 2016 e pari a +5,3% in termini percentuali. In Veneto ogni impresa attiva manifatturiera ha potenzialmente a disposizione 1,5 unità immobiliari produttive.

La crescita dello stock si relaziona alle dinamiche del mercato del comparto. Secondo i dati rilevati dall’osservatorio del mercato immobiliare OMI, le compravendite del settore risultano in crescita esponenziale dal 2016 ad oggi: +53% di transazioni a fronte di valori medi di mercato in diminuzione del 3,1%. In Veneto un capannone nel 2021 vale in media 467 euro/mq a fronte di 482 euro/mq nel 2016.

 

Cosa manca da riconvertire e quale futuro per tali spazi?

La dimensione media del patrimonio produttivo inutilizzato in Veneto è di 1.880 mq che scende a 1.440 mq se si escludono i grandi complessi produttivi. 1 unità immobiliare su 5 di tale patrimonio sarebbe da demolire in quanto inutilizzabile, mentre un 4% risulta incompiuto. Il 77% dell’inutilizzato è afferente alla tipologia del classico capannone, mentre un 20% è riconducibile a manufatti per lo più artigianali. Vi è poi un 3% di grandi plessi produttivi con superfici medie superiori a 10.000 mq. Il 41% di tale patrimonio e posto al di fuori delle aree produttive, in ambiti rurali o in spazi interclusi nei contesti urbani consolidati, poco funzionali ad un uso produttivo.

 

Quale futuro per questo patrimonio?

La consistenza del patrimonio produttivo inutilizzato per tipologia, caratteristiche e localizzazione permette di individuare specifiche politiche di intervento e riconversione. Delle superfici produttive inutilizzate è possibile stimare pari al 24% il patrimonio produttivo inutilizzato che si suppone possa essere reimmesso sul mercato con la medesima funzione e in breve tempo, senza necessità di politiche e iniziative specifiche. 5,7 milioni di mq, pari al 31% dell’inutilizzato, per il loro riuso necessiterebbero di interventi di demolizione, che possono essere così stimati:

  • 1 milioni di mq potrebbero essere avviati a politiche di rinaturalizzazione delle aree, usufruendo della L.R 14/2019 articolo 4 comma 2, in quanto localizzati in aree rurale;
  • 2,6 milioni di mq potrebbero essere oggetto di politiche di rigenerazione urbana, in quanto localizzati in ambiti centrali urbani (mediante l’utilizzo di strumenti diversificati quali PUA, accordi di programma ecc.);
  • 2,1 milioni di mq che potrebbero essere oggetto di demolizione e ricostruzione in quanto localizzati in aree produttive.

I rimanenti 9,1 milioni di mq potrebbero essere rifunzionalizzati usufruendo della L.R. 14/2017 art. 8, mediante l’utilizzo degli “usi temporanei”, ipotizzando per essi funzioni prevalentemente di welfare, se localizzati in aree produttive, o a vari usi, anche sociali, se localizzati in ambito urbano consolidato.

“Due i risultati principali che ci siamo prefissi con questa nuova indagine – conclude Boschetto –. Primo, stimare il mercato che sarebbe possibile attivare dalla riconversione di tale patrimonio che risulta essere pari a 7,51 miliardi di euro. Benefici economici che potrebbero attivarsi nell’ipotesi di un pieno e totale riutilizzo di questi immobili e delle relative superfici, ai quali vanno sommati i potenziali benefici sociali (risposte alla domanda di spazi alternativi anche per usi sociali, superfici a disposizione per la sostenibilità energetica, opportunità di nuovi servizi e funzioni per le comunità, incremento della sicurezza e della qualità del contesto urbano) ed ambientali (risparmio di suolo consumato, risparmio di CO2, rinaturalizzazione del suolo ecc.) ricavabili a livello locale. Secondo mettere a disposizione un patrimonio informativo unico che può rappresentare la base utile per far maturare nel sistema delle imprese e nei Comuni maggiore consapevolezza sull’importanza di avviare processi di rigenerazione urbana”.

“L’attenzione sulla pianificazione del territorio – le parole del Presidente scaligero, Iraci Sareri – è infatti in carico alle Amministrazioni Comunali ma è anche vero che un ruolo importante lo riveste la Regione che può fissare limiti, vincoli ma anche agevolazioni per interventi che riportino a nuova vita edifici dismessi contribuendo così alla riduzione del consumo di suolo. In merito alla questione energetica ed ambientale, basterebbe pensare – aggiunge il presidente scaligero – che se riuscissimo ad installare pannelli solare sui tetti dei 17.245 capannoni industriali e artigianali della provincia di Verona, potremmo coprire circa l’85/86% del fabbisogno energetico delle nostre aziende. E, proprio da alcuni mesi, la Regione Veneto sta lavorando a un Testo unico dell’edilizia e dell’urbanistica che punta ad un riordino della normativa in materia di urbanistica, edilizia, paesaggio. Il Testo unico si chiamerà ‘Veneto territorio sostenibile’ e a breve sarà oggetto di confronto con gli amministratori pubblici, la Parti Sociali e gli addetti del settore. Siamo convinti che il nostro lavoro potrà avere un ruolo fondamentale come lo ebbe quello del 2017 per l’approvazione della legge 14/2017 sul Consumo di Suolo”.

 

I DATI PROVINCIALI

La provincia di Padova è in assoluto il territorio con l’incidenza più elevata di consumo di suolo, pari al 18,7% del suolo totale, seguito dalla provincia di Treviso (16,7%). Solamente la provincia di Belluno rileva un’incidenza del consumo di suolo inferiore alla media nazionale. La provincia di Verona esprime l’incremento % più elevato nel periodo 2016-2021 (+2,5% di suolo consumato) seguita dalla provincia di Treviso (+2,0%).

La provincia di Padova rileva l’incidenza più elevata di superficie produttiva/commerciale sul totale della superficie provinciale: 3,0%, seguita dalla provincia di Treviso con il 2,9%. Per la provincia di Verona, si parla di 7.677 ettari, pari al 2,5% della superficie totale del territorio provinciale (quarto posto nella classifica delle sette province venete), e corrispondenti al 18,9% delle superfici produttive/commerciali rispetto alla superficie consumata.

L’analisi dei dati storici estrapolati dalla Corine Land Cover al 2018, a confronto con i dati rilevati nel 2012, evidenzia una crescita delle superfici produttive del 5,2% in provincia di Verona, equivalenti a un incremento di 379 ettari, escludendo le piccole aree produttive con superficie inferiore ai 200mila mq.

Dal punto di vista del mercato immobiliare, la provincia di Vicenza rileva l’incidenza di compravendite di unità produttive più elevata pari al 23% delle transazioni regionali (dato cumulato 2016-2021) seguito dalla provincia di Treviso e Padova. Verona è al quarto posto, con il 17% (327 unità produttive compravendute).

Le localizzazioni (sedi d’impresa e unità locali) attive in provincia di Verona al 4° trimestre 2022, operative nel comparto della manifattura, ammontano a 10.529. In tali imprese operano 88.154 addetti. Dal 2017 al 2022 si rileva una contrazione del 4,4% nel numero di localizzazioni attive; si rilevano valori in contrazione in tutte le province anche se con dinamiche più accentuate in provincia di Rovigo e di Belluno.

Alla contrazione delle localizzazioni si rileva di contro un incremento generalizzato del numero di addetti impiegati nel comparto della manifattura: +4,5% nel Veronese. Cambia quindi la dimensione d’impresa e il volume di produzione.

Dinamiche simili ma più accentuate si rilevano per il comparto del trasporto e magazzinaggio, ovvero per il settore della logistica. Verona risulta l’unica provincia che rileva una crescita sia in nel numero di localizzazioni attive (4,117, +4%)) sia di addetti (34.730, +28,2%), segno di una grande espansione del comparto della logistica nei territori dell’area.

 

Unità produttive inutilizzate

Le unità produttive dismesse rilevate in Veneto al 2022 ammontano a 9.200. La distribuzione appare diversificata nelle diverse province. La provincia di Vicenza concentra a livello numerico il numero più elevato di unità produttive inutilizzate pari a circa il 20% sul totale regionale nonostante risulti la provincia con l’incidenza di dismesso sullo stock produttivo provinciale più basso pari al 8,4%. Al contrario la provincia di Rovigo rileva il numero più basso di unità produttive inutilizzate sul totale regionale ma l’incidenza più elevata di inutilizzato sul totale dello stock produttivo provinciale. Per la provincia di Verona si contano 1.593 unità produttive dismesse, pari al 17,3% del totale Veneto e al 9,2% rispetto al totale dello stock produttivo provinciale. Si tratta di 3,30 metri quadrati per ogni abitante (3,74 in Veneto).

Delle 1.593 unità produttive inutilizzate sul territorio veronese, sono 650 quelle localizzate fuori dalle aree produttive, le cosiddette ZAI (Zona Artigianale Industriale), per un totale di 920.000 metri quadrati.

Rispetto al 2016, si rileva a livello regionale una diminuzione del numero di unità produttive inutilizzate del 13,2% che a livello assoluto significa una re-immissione sul mercato di 1.400 unità produttive. La provincia di Treviso rappresenta l’ambito che ha rilevato una riduzione più consistente delle unità produttive inutilizzate (-15,7% rispetto al dato 2016) seguita dalla provincia di Vicenza (-15,5%), Verona (-13,2%) e Rovigo (-13,1%). Per il Veronese si tratta di una diminuzione, rispetto al numero rilevato nel 2016, di 243 capannoni inutilizzati e re-immessi sul mercato.

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