ALIMENTAZIONE – Nuovo DPCM e ipotesi stop asporto e take away, Iraci Sareri: “Appello al senso di responsabilità del governo”
AlimentazioneAttualità“Ci appelliamo al senso di responsabilità del Governo affinché non ci siano ulteriori limitazioni all’attività di bar, ristoranti, pizzerie al taglio, gastronomie, pasticcerie, gelaterie, cioccolaterie ecc., nella somministrazione da asporto”. L’appello arriva dal Presidente di Confartigianato Imprese Verona, Roberto Iraci Sareri, che aggiunge “Così facendo, oltretutto, verrebbero pesantemente discriminati i pubblici esercizi, in modo del tutto insensato, rispetto ad altre attività come le gastronomie dei supermercati che resterebbero invece aperte al pubblico. I nostri imprenditori hanno già un’attività ridotta pressoché al lumicino: impedire, come ipotizzato per il prossimo Dpcm in vigore dal 16 gennaio, anche l’asporto dopo le ore 18.00 sarebbe un vero e proprio colpo di grazia, anche psicologico per migliaia di piccoli imprenditori che non potrebbero neppure mantenere quel contatto diretto con la clientela, indispensabile per avere una speranza di futuro per la propria attività”.
Le anticipazioni dei contenuti del nuovo DPCM che entrerà in vigore dal 16 gennaio fanno emergere come si stia profilando una ulteriore stretta su specifiche attività economiche colpevoli, per il Governo, di poter generare assembramenti e diffondere il contagio. A bar, ristoranti, pizzerie, gastronomie, pasticcerie, rosticcerie, ecc. sarà vietato vendere cibi e bevande da asporto dopo le 18.
“Una scelta iniqua – afferma ancora Iraci Sareri – che penalizzerebbe, in provincia di Verona 751 imprese artigiane (oltre 4 mila a livello regionale), delle quali 526 attività di ristorazione e cibi da asporto e 225 tra pasticcerie gelaterie e cioccolaterie, su 1.139 attività del settore alimentare artigiano. Si genererebbe una disparità di trattamento rispetto alle attività commerciali, in particolare delle medie e grandi strutture di vendita del settore alimentare, dove spesso è presente anche il reparto di cibi pronti al consumo. Non ha davvero alcun senso. Bisogna intervenire là dove ci sono gli assembramenti, con controlli e relative sanzioni nei confronti dei comportamenti scorretti. Gli assembramenti, quando ci sono, sono infatti più legati a particolari luoghi dove si consumano bevande, non cibo. Sullo sfondo, dunque, rimane il tema dei controlli, che andrebbero intensificati per disincentivare i comportamenti scorretti, che comunque, sul nostro territorio non sembrano il problema vero: i cittadini rispettano le regole, le imprese ne hanno fatto una ragione di vita o sopravvivenza, e viene da chiedersi se questi provvedimenti abbiano davvero una valenza, su basi scientifiche, al fine del contenimento della diffusione del virus”.