11 Aprile 2020

CORONAVIRUS – Allentamento ‘lockdown’ dal 14 aprile? Per gli artigiani non cambia molto. Iraci Sareri: ‘Servono interventi mirati e concreti, invece ci chiedono di indebitarci’

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“Allentamento del ‘lockdown’ imprenditoriale dal 14 aprile? Per quanto riguarda le imprese artigiane, da una prima analisi dei codici Ateco aggiornati nel decreto del 10 aprile, ve ne sono veramente poche che non fossero già autorizzate e che da martedì potranno riaprire. Anzi, si può dire che praticamente non cambia alcunché. Fa sorridere, poi, chi dà i numeri su quante potrebbero essere le attività attualmente aperte, dimenticando di dire che molte, pur autorizzate, sono chiuse per mancanza di commesse, materie prime e clienti”. Roberto Iraci Sareri, Presidente di Confartigianato Imprese Verona, commenta così il nuovo DPCM del 10 aprile 2020, che di fatto poco cambia per quanto riguarda le attività artigianali.

“Il nuovo decreto – afferma – si concentra sulle attività commerciali e industriali e se non fosse il caso di essere seri, verrebbe da chiedersi cosa dovrebbero vendere, alcuni esercenti, se chi produce non può farlo, a meno che non si tratti di materiale proveniente dalle industrie. Le piccole imprese, come sempre, vengono messe in secondo piano, basti guardare alla questione sollevata nei giorni scorsi a proposito degli alimentaristi, impossibilitati all’asporto, mentre i prodotti industriali continuano ad essere commercializzati”.

“La questione è un’altra – continua Iraci Sareri –, perché ci sono imprenditori che non hanno dipendenti, lavorano da soli nel chiuso dei loro laboratori, botteghe ed officine, come sarti, fabbri, calzolai, falegnami, eppure, devono continuare a rimanere chiusi. Perché? Quali problemi sanitari potrebbero creare? Da ciò, purtroppo, viene da pensare che le scelte tecniche in questo ambito siano state e continuino ad essere quanto meno approssimative. Non c’è una visione approfondita, né una lungimiranza a medio o lungo termine. Si continua a rincorrere il momento, l’emergenza, ma non si pensa ai danni devastanti che ciò creerà, non solo per gli imprenditori, ma per tutti, considerato che nei prossimi mesi saranno migliaia i lavoratori dell’artigianato che rimarranno senza uno stipendio, assieme alle loro famiglie. Noi non chiediamo riaperture che vadano contro le indicazioni sanitarie e il buonsenso, ma quanto meno pretendiamo che vengano studiati interventi veri, concreti, di sostegno, non panacee spacciate per soldi elargiti: ci serve sburocratizzazione, taglio delle tasse e del costo del lavoro, non inviti all’indebitamento per avere liquidità”.

Se la situazione non migliora entro la fine di maggio, l’Italia potrebbe perdere il 25 per cento delle proprie aziende artigianali e, secondo Confartigianato Imprese Verona, si tratterebbe persino di una previsione ottimistica. “Servirebbero aiuti mirati, veri, concreti, eppure l’intervento dello Stato chiede alle aziende di indebitarsi se vogliono sopravvivere”, sono le parole di Roberto Iraci Sareri, Presidente dell’Associazione artigiana scaligera.

La stima nazionale delle perdite per il solo mese di marzo, in termini di mancati ricavi, è di oltre 32 miliardi. “L’artigianato è sempre quello più colpito – continua –, nonostante tutti si riempiano la bocca dell’ormai inflazionata definizione di ‘spina dorsale del Paese’, quando si ricorda che il 98 per cento delle aziende, in Italia, è composto da micro, piccole e medie imprese”.

Un settore già duramente colpito da più di dieci anni di crisi economica, che ha lasciato sul campo uno sterminio di attività e che ora, secondo Confartigianato, corre il rischio di entrare in recessione. “Negli ultimi tempi la situazione sembrava avviata verso un assestamento, non certo verso una ripresa, ma ora questo disastro sta mettendo in difficoltà tutti i comparti, nessuno escluso”.

Iraci Sareri si dice perplesso davanti alle misure decise dal governo nazionale a favore delle imprese. “Vanno bene le garanzie – afferma ­– ma si chiede agli imprenditori di indebitarsi ulteriormente. Ai nostri artigiani, con i quali veniamo in contatto quotidianamente, sembrano provvedimenti che garantiscono le banche. Per il piccolo imprenditore, invece, sarà un grosso problema cercare di ripartire, perché dopo mesi senza lavoro, senza ordini, senza vendite e con la prospettiva di ritrovare, ad emergenza finita, una clientela che non ha lavorato, non ha guadagnato e non potrà spendere, restituire i prestiti non sarà facile. Per non parlare della spada di Damocle di tributi e tasse solo posticipati, che prima o poi dovranno essere versati. Per molte attività si tratterà di fare debiti su debiti pregressi e un simile ‘castello’ di esposizioni prima o poi è destinato a crollare”.

Ad oggi non si conosce la fine delle misure restrittive, visto che la pandemia è ancora in corso. Di sicuro, la ripartenza non sarà immediata. “Cosa dobbiamo immaginare? Che conclusa la prima fase – spiega il Presidente di Confartigianato Imprese Verona –, con idee vaghe di quando ciò possa accadere, perché il 3 maggio è ancora un traguardo aleatorio, la seconda si apra con limitazioni e precauzioni che non tutti potranno garantire. Un esempio può essere la reperibilità di dispositivi di protezione individuale sanitari che, per chi lo avesse dimenticato, non sono eterni, ma monouso. Il ricambio di una mascherina sanitaria viene consigliato ogni 4 ore. Quante ne dovranno avere a disposizione, soprattutto le ditte con dipendenti, per coprire, ad esempio, una settimana di lavoro? Risultato: molte imprese saranno comunque costrette a rimanere chiuse”.

“Volendo avventurarci in fantasiose previsioni sul fronte economico – aggiunge il numero uno dell’Associazione artigiana scaligera – bisognerà forse guardare a dicembre 2020 per poter cominciare a rialzare un po’ la testa, sempre senza dimenticare tutte le attività che nel frattempo si saranno arrese di fronte agli insoluti, ai pagamenti rimandati, ai clienti e alle commesse perduti, alle sacrosante richieste di pagamento dei fornitori, alle rate e ai versamenti richiesti che torneranno, quelli sì con matematica certezza”.

Confartigianato avrebbe preferito “qualche misura in più rispetto, ad esempio, agli sgravi fiscali o alla semplificazione burocratica. L’auspicio, comunque, è che ci sia la disponibilità del governo a guardare un po’ più al futuro, senza attendere. E’ necessario un cambio di passo e mentalità: lo chiedono a noi, ma i nostri governanti devono essere in prima linea in questo senso. Se diciamo che è imperativo pensare alla sburocratizzazione, al taglio delle tasse e del costo del lavoro e il nostro governo ci propone la prospettiva di un indebitamento con le banche, che fa pienamente parte di quella vecchia burocrazia fatta di intermediari che andrebbe abbattuta, significa che qualcosa non funziona, che qualcuno non capisce”.

Il Presidente di Confartigianato Imprese Verona chiude con un’avvertenza: “Lo abbiamo detto e ripetuto fin dall’inizio, ma è bene ricordarlo: non anteponiamo affatto le questioni economiche e riguardanti le imprese alla salute nostra, dei nostri lavoratori, di tutti, anzi! La priorità è contenere il contagio e debellare il virus, ma è bene che tutti, soprattutto chi ha ruoli istituzionali o di rappresentanza, si rendano conto che siamo destinati a passare da un’emergenza sanitaria ad un disastro economico e lavorativo, che coinvolgerà larga parte del nostro sistema imprenditoriale, soprattutto di piccole dimensioni. Serve responsabilità e lungimiranza, ora, subito!”.