ALIMENTAZIONE – Pasqua forse “meno amara” per gli artigiani dell’Alimentazione. Campagna social ‘Sosteniamo i prodotti tipici artigiani’
1 Aprile 2021

ALIMENTAZIONE – Pasqua forse “meno amara” per gli artigiani dell’Alimentazione. Campagna social ‘Sosteniamo i prodotti tipici artigiani’

Alimentazione

Seconda Pasqua in lockdown. Ma le aspettative dei maestri artigiani alimentari quest’anno, sono migliori rispetto al 2020, quando una regola assurda li tenne chiusi a differenza di negozi e grande distribuzione ai quali fu invece concessa la commercializzazione dei prodotti. “Dall’interesse e dagli ordini che i nostri artigiani dell’alimentazione stanno registrando in questi giorni di avvicinamento alla Pasqua – afferma Roberto Iraci Sareri, Presidente di Confartigianato Imprese Verona –, riteniamo che stia tornando a farsi largo sulle tavole di Pasqua la qualità artigiana, anche per quanto riguarda i dolci della festa, a partire dalle leccornie come colombe, uova di cioccolato e prodotti del territorio come i salumi, i formaggi, la pasta fresca, solo per citare i più ricercati. Per questo, ogni giorno della settimana santa, promuoveremo a livello regionale l’acquisto dei prodotti tipici locali dei nostri oltre 1.150 artigiani dell’alimentazione e i loro circa 5.000 addetti, solo per la provincia di Verona. Da alcuni giorni abbiamo lanciato una campagna sui social media, che recita ‘Sosteniamo i prodotti tipici locali. Per asporto o a domicilio dal tuo laboratorio di fiducia’”.

“Protagonista indiscussa sarà la colomba – prosegue Cristiano Luigi Gaggion, pasticcere e Presidente Regionale Veneto della Federazione Alimentazione –. Un classico che conta poco più di cent’anni e che, è bene ricordare, dal 2005, in base al decreto ministeriale del 25 luglio, ha una sua specifica denominazione. ‘Colomba’ non si può applicare ai prodotti di altri Paesi europei. Inoltre, nel dicembre 2009, il Ministero dello Sviluppo Economico ha stabilito le indicazioni specifiche sugli ingredienti da riportare sull’etichettatura dei prodotti alimentari e prodotti dolciari da forno. Norme alla mano, i prodotti che utilizzano forme e modalità di presentazione identiche e confondibili con i prodotti disciplinati, ma sono identici solo all’aspetto, sono imitazioni. Per chiamarsi colomba, un dolce deve avere almeno il 16% di burro, uova di categoria “A”, cioè fresche e in quantità tale da garantire almeno il 4% in tuorlo, latte, miele, burro di cacao, eccetera. In una colomba “falsa”, invece, si possono trovare ingredienti molto diversi: prevalentemente, si tratta di dolci che contengono ingredienti scadenti, ad esempio grassi idrogenati, pochissimo burro e uova e molto zucchero, per “coprire” la qualità inferiore”.

Rispetto alla Pasqua del 2019, l’ultima pre-Covid, tra i dolci da forno che finiranno sulle mense imbandite di tricolore si registra un aumento del fai-da-te, testimoniato dal boom nelle vendite di farina, lievito e preparati dolciari. “E anche se molti acquisteranno i prodotti industriali – continua Iraci Sareri –, rispetto al drammatico 2020, gli analisti prevedono che quest’anno le vendite di dolci artigianali, sostanzialmente azzerate dalle restrizioni lo scorso anno, siano destinate a impennarsi, ridando respiro a pasticcerie, cioccolaterie, gelaterie. Ripartono anche le produzioni artigianali di uova di cioccolato, l’anno scorso ridotte al lumicino”.

“Siamo consapevoli che questa pandemia influenzerà gli acquisti dei prodotti artigianali probabilmente per sempre – conclude il Presidente di Confartigianato Verona –, per questo ci dobbiamo impegnare sin d’ora ad accompagnate i nostri imprenditori nell’uso delle tecnologie digitali e nella multicanalità di distribuzione dei prodotti di qualità. Ma dobbiamo poter contare su interventi ad hoc di irrobustimento delle capacità finanziarie e di sostegno all’export, anche nei Paesi emergenti, su misure di valorizzazione delle produzioni tipiche, dei distretti agroalimentari di qualità e delle produzioni a denominazione d’origine”.

 

Le 7 regole d’oro per la “vera” Colomba

In base alla CIRCOLARE 3 dicembre 2009, n. 137021 del Ministero dello Sviluppo Economico

Per essere sicuri di portare in tavola il classico dolce di Pasqua:

  1. La vera colomba deve innanzitutto avere la classica forma di… colomba. Può sembrare banale ma proprio la forma può essere il primo indicatore di un falso prodotto dolciario da forno.
  2. Il primo ingrediente, quello presente in maggiore quantità, deve essere la farina di frumento e non lo zucchero.
  3. È necessario controllare bene tutti gli ingredienti. Abbiamo davanti una vera colomba quando sono presenti tutti i seguenti ingredienti: farina di frumento, zucchero, uova e/o tuorlo, burro, agrumi canditi, lievito naturale, sale, mandorle. Se nell’etichetta ne manca qualcuno stiamo per acquistare un semplice dolce pasquale ma non una vera colomba.
  4. Oltre all’elenco relativo agli ingredienti con cui deve essere fatta una colomba, ne esiste un altro relativo ai pochi altri che possono essere aggiunti alla giusta ricetta. Sono solamente questi: latte e derivati, miele, burro di cacao, malto, zuccheri, aromi, emulsionanti (per es: lecitina di soia), conservanti.
  5. Quanto ai grassi, ricordare che nella colomba non ci possono essere grassi diversi dal burro, come margarina, strutto o altro, altrimenti anche in questo caso abbiamo di fronte un altro tipo di dolce.
  6. La vera colomba, di norma, è priva di conservanti. Gli unici permessi nella colomba sono due: E 200 – acido sorbico e E 202 – sorbato di potassio.
  7. La glassa può essere fatta oltre che con le mandorle, anche con armelline, nocciole, anacardi.

Il ciclo di produzione dall’impasto al confezionamento della vera colomba artigianale dura almeno 48 ore

In generale teniamo sempre presente che sul mercato sono presenti diversi “dolci pasquali” che possono anche avere la stessa forma della colomba. La legge obbliga i produttori di questi dolci a rendere evidente che non si tratta di colomba, e addirittura chi li commercializza a non metterli gli uni accanto agli altri nel caso in cui questo possa creare confusione. Quindi un dolce che sembra una colomba per la forma e per la confezione, ma che non riporta tutte le caratteristiche anzidette non è una vera colomba.

Da escludere del tutto che si tratti della tradizionale colomba pasquale quando è la stessa etichetta a riportare la dicitura “dolce pasquale” o altro nome simile.